Afghanistan: due anni fa la resa dell’Occidente e nulla è cambiato

Generale Giuseppe Morabito – Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation. Circa due anni fa, i pianificatori militari statunitensi in seguito alle indicazioni del Presidente Biden, hanno messo in atto l’evacuazione e il ritiro dall’Afghanistan e, in conclusione, l’operazione militare più lunga per America e Alleati NATO (20 anni, pari a quattro Guerre Mondiali) è finita nel caos con la tragica riconquista del potere dei talebani.

L’amministrazione del Presidente Biden era andata avanti senza valutare adeguatamente le lezioni dei 20 anni precedenti con la conseguente “vittoria” dei talebani e la caotica operazione di evacuazione ha visto, all’aeroporto di Kabul, centinaia di persone uccise e moltissimi afgani, che avevano collaborato con la NATO, lasciati indietro.

Il 17 agosto 2021, due giorni dopo la caduta di Kabul, i talebani avevano tenuto una conferenza stampa promettendo l’amnistia per gli ex funzionari governativi, il rispetto dei diritti delle donne e la libertà di stampa.

Quasi due anni dopo, è chiaro che i talebani non hanno mantenuto nessuno di questi impegni, conducendo invece una violenta campagna di repressione. Dalla riconquista del potere, i talebani hanno preso di mira ex funzionari del governo e della sicurezza, hanno applicato punizioni collettive nelle aree in cui sono emersi gruppi di opposizione e imposto restrizioni sociali ultraconservatrici – in particolare a donne e giornalisti – volte a imporre la loro visione e controllo della situazione.

Sarebbero stati registrati oltre 1.000 episodi di violenza contro i civili dalla caduta di Kabul (il 15 agosto 2021) fino al 30 giugno 2023. Questo colloca il regime talebano tra i principali governi mondiali, de facto, autori di violenze contro i propri civili, ponendolo tragicamente secondo solo alla giunta militare in Myanmar.

I più presi di mira sono ex funzionari del governo e della sicurezza, le donne e i giornalisti. Nel loro insieme, la rappresaglia dei talebani contro gli ex militari, l’uso di punizioni collettive e l’ampia limitazione dei diritti delle donne e della liberta stampa rivelano la portata e la gravità della repressione in corso in Afghanistan nonostante siano passati due anni da quel 15 agosto.

Mentre i talebani conquistavano una provincia dopo l’altra nell’estate del 2021, le Forze di difesa e sicurezza nazionali afgane (ANDSF) si sfaldavano.

Dopo che le forze della NATO si ritirate dal paese, molti ex funzionari della sicurezza sono rimasti esposti alla vendetta talebana e si è saputo di esecuzioni sommarie degli elementi delle forze di sicurezza che si erano arresi e questo nonostante l’annuncio di un’amnistia per ex funzionari del governo e della sicurezza.

Purtroppo, l’alta dirigenza talebana non è riuscita a mantenere questo impegno tanto che il ministro degli interni talebano ha ammesso le violazioni dell’ordine di amnistia nel 2022. Da rilevare, che tuttora, molti ex funzionari continuano a essere detenuti, e molti di loro sono del tutto scomparsi.

Negli ultimi due anni, come noto, sono state messe in atto restrizioni sempre più importanti verso le donne che impediscono loro di partecipare attivamente alla vita sociale.

Il regime inizialmente ha vietato alle ragazze di frequentare la scuola oltre la prima media. In seguito, nel dicembre 2022, alle donne è stato anche vietato di frequentare l’università. Inoltre, i talebani hanno annunciato che alle donne non sarebbe stato permesso di lavorare con organizzazioni non governative (ONG) e nelle strutture delle Nazioni Unite.

Ci sono anche state manifestazioni di dissenso che hanno avuto luogo in spazi pubblici e privati ​​per impedire l’intervento dei talebani. In particolare, anche degli uomini si sarebbero uniti a queste manifestazioni, tra loro studenti e professori i contrari ai divieti d’istruzione delle donne.

Infine, l’ambiente dei media in Afghanistan è cambiato radicalmente dall’acquisizione del potere da parte dei talebani, con il 50% dei media che hanno chiuso, così come hanno chiuso i siti web d’importanti media e molti giornalisti sono stati costretti a lasciare il paese.

I giornalisti hanno anche affrontato una moltitudine di minacce fisiche ma per fortuna alcuni media hanno continuato a riferire dall’estero e le informazioni sulla repressione talebana continuano a uscire dal paese e da questi si è saputo dell’imposizione, da parte dei talebani, di restrizioni ultraconservatrici alle donne appena citate.

Nessun paese democratico ha riconosciuto la legittimità dell’Emirato islamico dell’Afghanistan – il nome ufficiale del governo talebano.

L’inviato delle Nazioni Unite per il paese ha recentemente affermato che sarebbe “quasi impossibile” per i talebani essere riconosciuti dalla comunità internazionale fintanto che le restrizioni esistenti e saranno in vigore.

Purtroppo, nonostante le promesse, i talebani non sono cambiati rispetto al loro approccio di governo e, dopo due anni, sono gli afghani che sopportano il peso maggiore della violenza e del malgoverno del regime al potere e non si vede proprio come le cose possano cambiare.

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